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Edi BIVI: "Ho segnato con lo scavetto prima di Totti"

A cura di Luca Salini

Quando nel lontano 1992 il Pescara di Galeone, che si apprestava a giocare il campionato di serie A, venne a disputare una partita amichevole a Bisenti, rimasi molto colpito da un attaccante molto forte, che aveva lasciato il segno ovunque a suon di gol e che addirittura fu ad un passo dall’essere convocato con la nazionale italiana per i Mondiali di Spagna del 1982. Sto parlando di Edi Bivi, che mi ha rilasciato una intrigante e appassionante intervista.

La prima domanda è d’obbligo. La retrocessione in lega Pro del Pescara. Cosa ti senti di dire ai tifosi del Pescara?

Premetto che non ho visto in questa stagione le partite del Pescara, quindi non posso esprimermi da un punto di vista tecnico. Nel calcio è importante saper programmare bene e fare le scelte giuste. Probabilmente, visto il contesto di riferimento, in questo senso sono stati commessi errori. Già nella scorsa stagione il Pescara aveva raggiunto la salvezza al playout dopo una stagione difficile e travagliata ed era importante ripartire optando per un modo di gestione diverso e portando avanti un progetto nuovo. Questo non è stato fatto ed il risultato è evidente: la retrocessione è figlia di queste mancanze. Ai tifosi dico di avere pazienza in quanto ora bisogna metabolizzare la retrocessione. Passata l’estate, inizierà il campionato di serie C e se la squadra andrà bene il pubblico tornerà allo stadio. La piazza di Pescara è eccezionale in quanto basta poco per restituirle entusiasmo e farla andare allo stadio, l’importante è che la squadra giochi bene.

A tuo giudizio cosa non ha funzionato nel Pescara di queste ultime due stagioni?

Come dicevo sopra, la programmazione della società è stata scadente e il sodalizio non è riuscito a porre le basi per un campionato tranquillo, ampiamente alla portata del Pescara. Il campionato di serie B è molto incerto e livellato, gli errori si pagano a caro prezzo.

Edi, alla tua prima stagione in serie A con il Catanzaro sei stato vice capocannoniere dietro Pruzzo. Era il 1981/1982 e sei stato ad un passo dalla convocazione dei 22 definitivi per il Mondiale di Spagna. Poi Bearzot scelse Selvaggi, che quella stagione non era andato benissimo con il Torino. Una grande delusione per te…

Avevo 21 anni, venivo dalla serie C2. Feci il triplo salto e approdai in seria A con il Catanzaro. Segnai 12 reti. Mi sono guadagnato tutto sul campo e, lo dico con realismo e senza presunzione, mi spettava di diritto la convocazione per il Mondiale di Spagna. Fu una vera ingiustizia da un punto di vista tecnico e di valori anche perché Selvaggi, convocato al mio posto, segnò solo sei gol e non ci sarebbe stata storia. Bearzot fu un conservatore e scelse Selvaggi. A quei tempi le convocazioni erano orientate verso giocatori di squadre blasonate e di società importanti e questo mi ha penalizzato: il giovane promettente non veniva preso nella giusta considerazione, tranne Bergomi che andò al Mondiale giovanissimo ma che giocava nell’Inter. Se fosse stato Sacchi il selezionatore, sicuramente avrei avuto la mia possibilità.

Nel 90 approdasti a Pescara. Sei stato uno dei protagonisti indiscussi della promozione in serie A del 1991/1992. Massara, Bivi, Pagano… Tridente niente male…

Prima della promozione di cui parli, nella stagione precedente con Mazzone fino a tre giornate dalla fine eravamo in lotta per non retrocedere. Alla penultima giocammo contro il Foggia di Zeman, la partita finì 3 a 3 e recuperammo dallo svantaggio di 3 a 1, segnai una doppietta. All’ultima giornata vincemmo contro la Triestina per 2 a 0, con mio gol, e ci salvammo. Se non avessimo raggiunto la permanenza in serie B e non fosse stato richiamato Galeone, forse avremmo raccontato un’altra storia. L’anno successivo, stagione 1991/1992, vincemmo il campionato di serie B giocando un calcio spettacolare. Fu una cavalcata trionfale, anche in considerazione del fatto che allora la serie B era tosta e livellata. Il tridente era veloce, tecnico, fantasioso: tre giocatori che per la serie B erano tanta roba.

Quel Pescara era allenato da Giovanni Galeone, con cui hai avuto un ottimo rapporto. Parlaci di Galeone.

Il Mister è stato l’allenatore più bravo che abbia avuto. Era preparato, capace, intelligente, di alto livello culturale, era più avanti degli altri. Sono stato fortunato ad averlo incontrato. Galeone aveva le stimmate per allenare grandi club.

I momenti più belli di quella cavalcata trionfale.

Siamo sempre stati tra le prime posizioni. La vittoria di Reggio Emilia ci ha dato la consapevolezza che il traguardo era ormai raggiunto. Tanta gente era venuta da Pescara, la curva era pienissima.

Nella stagione successiva in seria A il Pescara retrocesse. Eppure la prima giornata avevate vinto all’Olimpico contro la Roma e alla seconda ci fu la sconfitta per 5 a 4 contro il Milan, una delle partite più belle di sempre…

In serie A il livello si alza tantissimo, soprattutto tecnicamente. Nella stagione 1992/1993 iniziammo bene con grandi risultati, il famoso Pescara Milan 4 a 5 resterà nella storia perché quel Grande Milan non aveva mai subito quattro gol. Fu un grande orgoglio per noi anche se uscimmo sconfitti. Purtroppo il campionato non andò bene e retrocedemmo.

Cosa rappresenta Pescara per te, tenendo conto che anche ora vivi nella città adriatica?

Da un punto di vista professionale Pescara ha rappresentato una tappa importante, in una città dove giochi poi si creano dei rapporti importanti che rimangono. Ho scelto di vivere a Pescara anche dopo aver chiuso la carriera perché la città mi piace e ho voluto in un certo senso ricambiare l’accoglienza dei tifosi e di tutti i pescaresi nei miei confronti. Diciamo che è stato uno scambio reciproco.

Le differenze tra il calcio di allora e quello di oggi?

La differenza più netta riguarda l’aspetto fisico, oggi si registra un grande scarto tra le nostre prestazioni e quelle dei giocatori di oggi. La preparazione attuale comporta una velocità e un livello di prestazioni molto diversi rispetto a quando giocavo. Pertanto si corre di più con maggiore preparazione fisica, più curata nei dettagli. Ad ogni modo da un punto di vista tecnico negli anni 80-90 in Italia c’erano giocatori veramente buoni, fortissimi direi, e non solo in serie A. Il livello tecnico generale in tutti i campionati era di gran lunga superiore, forse anche per un fatto generazionale, mentre oggi i giocatori sono tutti un po' omologati e uguali.

Hai giocato in piazze importanti e sempre segnando tanti gol. Il più bello della tua carriera? Ed il più determinante?

E’ difficile scegliere il gol più bello perché ne ho fatti tanti. Il più determinante forse è stato il gol del 3 a 3 contro il Foggia che ci consentì di raggiungere la salvezza nel 1990/1991. Era il momento cruciale della stagione e fu fondamentale pareggiare. Segnai un gol al Bologna molto bello: sinistro a giro sul secondo palo. Non molti lo sanno ma ho segnato anche con lo scavetto su calcio di rigore contro l’Udinese in serie A, bellissimo nonostante la sconfitta per 5 a 2. Prima di Totti con lo scavetto ha segnato Bivi…

Il giocatore più forte con cui hai giocato e che hai visto giocare?

Franco Causio con cui ho giocato nella Triestina. Aveva 36 anni ma faceva giocate incredibili. Poi Max Allegri e Rocco Pagano a Pescara, Gordon Cowans al Bari, giocatore che aveva piedi buonissimi.

Ti sei allontanato dal mondo del calcio. Posso chiederti il motivo?

Diciamo non mi sono allontanato ma sono stato allontanato. Il mondo del calcio è particolare e non sempre capacità e meriti vengono premiati. Avevo iniziato a fare l’allenatore ma mi sono reso conto con non faceva per me. Il sistema mi ha scartato, so che ci sono dei compromessi ma l’equilibrio non può essere spostato tutto da una parte. Non tollero che il mio pensiero non venga preso in considerazione o venga sminuito per altre situazioni: avrei solo voluto svolgere la mia professione e mettere in atto le mie idee ma non è stato possibile farlo, non per mia responsabilità.

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  Scritto da Redazione Abruzzo il 14/05/2021
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