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Analisi dell'Italia di Roberto Mancini: ecco dove può arrivare

Sono trascorsi ormai 3 anni dalla sciagurata sera di Italia-Svezia. A San Siro Buffon & co. impattarono contro gli scandinavi perdendo la qualificazione ai Mondiali di Russia 2018. De Rossi sbraitò dalla panchina, Ventura si ritirò per un lungo saluto negli spogliatoi prima di presentarsi in conferenza stampa. Fu indubbiamente una delle pagine più nere della storia del calcio italiano. La parentesi di Gigi Di Biagio alla guida della Nazionale maggiore durò pochissimo e non poteva offrire niente di che al movimento. Nel mese di maggio si insediò dunque Roberto Mancini (foto), già corteggiato negli anni precedenti. Il nuovo ct fu chiamato a risollevare le sorti dell’Italia pallonara, analogamente a quanto accadde a Cesare Prandelli dopo il disastroso Mondiale in Sudafrica. A differenza dei suoi predecessori, però, l’ex Inter si è distinto subito già dai nomi che apparivano nelle varie convocazioni.

La filosofia di Mancini è chiara: tutti possono far parte della Nazionale, anche chi è molto in avanti con l’età. Ne è un esempio Fabio Quagliarella, eletto in azzurro nel 2019, durante la stagione in cui è divenuto capocannoniere della Serie A con la maglia della Sampdoria. Di recente, invece, persino Ciccio Caputo, privo di ogni tipo di esperienza internazionale in carriera, è approdato a Coverciano forte degli oltre 20 goal realizzati l’anno scorso nel Sassuolo. L’arrivo di Mancini è coinciso con quella della Nations League, che nella prima edizione è servita da palestra per la nuova Italia, che doveva prepararsi alle qualificazioni per Euro 2020.

In molti avevano storto il naso quando il mister convocò Nicolò Zaniolo, protagonista dell’Europeo Under-19. Nel giro di poche settimane, però, il centrocampista si trasformò in un elemento imprescindibile per la Roma. Nell’autunno del 2018 iniziarono a fiorire anche i vari Kean e Grifo, ancora oggi nel gruppo. Per quanto riguarda il centravanti, Mancini ha preferito proseguire l’alternanza tra Immobile e Belotti, nonostante il primo abbia sempre faticato con la maglia azzurra. Jorginho, lanciato da Ventura in extremis, è oggi uno dei titolari fissi del centrocampo insieme a Verratti e a Barella, considerato da molti il nuovo Gattuso.

Il modulo scelto dall’Italia è un 4-3-3 molto classico. La duttilità di alcuni giocatori come Bernardeschi, Pellegrini e lo stesso Kean sta permettendo al ct di contemplare molteplici soluzioni e soprattutto di ruotare quanti più uomini possibili. C’è davvero spazio per tutti. Basti pensare che il goal che valse la salvezza nella scorsa Nations League fu siglato da Cristiano Biraghi su assist di Kevin Lasagna: due nomi poco altisonanti, ma molto cari al mister che non vuole fare troppe differenziazioni tra prime e seconde leve. Forse, ad oggi solo tra i terzini c’è qualche dubbio per quanto riguarda la titolarità. Donnarumma ha raccolto definitivamente l’eredità di Buffon e Bonucci e Chiellini sono stabilmente al centro della retroguardia. Insomma, l’identità di questa Nazionale è molto chiara, per quanto per l’allenatore non sia mai veramente definitiva.

Attualmente gli azzurri non hanno perso nessuna gara nella seconda edizione della Nations League, che stavolta stanno onorando con l’obiettivo di arrivare fino in fondo. Le qualificazioni all’Europeo hanno prodotto solo vittorie e il morale degli azzurri è alle stelle. La panoramica sull'edizione 2020 della Nations League rende bene l’idea delle difficoltà che la Nazionale ha superato finora e dovrà ancora affrontare. Per quanto minore, mettere un trofeo in bacheca sarebbe senza ombra di dubbio una grande soddisfazione dopo le recenti delusioni.

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  Scritto da Redazione Abruzzo il 20/11/2020
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